martedì 30 novembre 2010

Articolo

Alcuni giorni fa Matteo , un amico che molti di voi conoscono mi ha chiesto di tirare giù alcune righe sulle mie esperienze in fatto di corse e le sensazioni dopo la trasferta di NY per un articolo sul SECOLO XIX.
Allego la lettera originale che gli ho spedito per 2 motivi: primo perchè il secolo ne ha tagliato alcune parti che ritengo fondamentali per dare un senso al tutto e chi ha letto l'articolo non l'ha interpretata come volevo, secondo perchè alla fine mi pare una buona sintesi per chi non ha mai letto il mio blog prima e ovviamente non ha voglia di andare a rileggersi post di anni  passati.
Ringrazio di cuore ancora una volta Matteo per lo sbattone di perdere tempo con uno come me e chiedo scusa a tutti per la ripetizione di molti concetti ma volevo inserire le frasi nel contesto giusto.
Eccole:
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Dopo un passato di calcio ,bici e mtb sempre a livello amatoriale, nasco come runner nel 2005 nel senso che mi accorgo in quell'anno che la vita andava vissuta semplicemente, facendo la cosa più naturale possibile per un uomo che vuole restare in forma : correre.

Correre ti mette alla prova ogni volta che lo fai: ogni volta che sei stanco e vorresti fermarti, ogni volta che ti poni un obiettivo e lo raggiungi ma anche quando non ci riesci, soprattutto ogni volta che “per colpa” della corsa hai un problema fisico che ti impedisce di allenarti.
Fin dalla prima timida uscita alla Mezza di Genova (allora Stragenova) ho cominciato a desiderare la Maratona , una distanza che non ti perdona: o sei allenato o passi 4 ore d'inferno.
Così dal lontano 23 ottobre 2005 ad Alessandria fino ad oggi ne sono passate ben 29 e spero di festeggiare la numero 30 a fine mese a Firenze .
In questi anni ho attraversato di corsa molte città italiane da Milano a Roma , da Firenze a Venezia, dal Mugello a Torino, da Trieste a Vercelli e lungo il cammino mi sono tolto anche la soddisfazione di vincerne una ad Albenga il 16 giugno 2007. Sempre nel 2007 ho avuto la fortuna di partecipare anche alla 100km del Passatore concludendola all'ottavo posto assoluto in 8 ore e 13 minuti.
Non mi sono nemmeno fatto mancare qualche uscita all'estero , assieme all'amico Presidente Mino ci siamo divertiti a correre a Vienna , molte volte a Montecarlo, a Barcellona, a Berlino dove ho eseguito il mio capolavoro cronometrico terminando in 2 ore e 43 minuti (mio attuale PB) e l'anno scorso addirittura alle Seychelles arrivando io secondo e lui quarto,
Nel frattempo il virus della corsa aveva contagiato anche mia moglie Simona che dopo qualche maratona “di prova” a Barcellona, Milano e al Lago di Garda (3 e 18 ndr) mi ha accompagnato lo scorso 7 novembre alla New York City Marathon .
E' scritto infatti a chiare lettere sul manuale del perfetto runner addirittura alla pagina 1: viene considerato un vero runner chiunque abbia partecipato ad almeno una Maratona di New York, viceversa si è solo dei podisti.
Così quando Simona l'anno scorso mi ha chiesto che cosa volessi per i miei 40 anni con tanto di proposte tipo: "sai ho visto un bell'orologio...." non ho avuto dubbi e le ho detto : il regalo ce lo facciamo assieme e ce ne andiamo a New York.
Ormai tutti sanno tutto su questa maratona e potrei rischiare di utilizzare le solite frasi retoriche nel descrivere quello che si vive e si respira a New York nei giorni che precedono la corsa ,in quelli che la seguono e soprattutto durante la stessa.
Qui mi rivolgo soprattutto a chi non è mai stato laggiù ed ha l'intenzione o il sogno (come nel mio caso) di andarci : piuttosto per un anno rinunciate alle ferie di agosto , magari aspettate a cambiare l'auto ,fate come volete ma se avete un minimo di piacere nel mettere un piede davanti all'altro per 42 mila metri (o 26.2 miglia come dicono loro) andate ,andate,andate.
Non vi riesco a descrivere l'emozione che si prova nei minuti che precedono la partenza schiacciati in mezzo a 46000 cuori che ascoltano in silenzio le note dell'inno nazionale e poi ad un tratto...bum! colpo di cannone e via ,tutti ad attraversare il ponte di Verrazzano mentre Frank Sinatra a tutto volume canta NewYork NewYork .
Brooklin, il Queens, il quartiere ebraico, per poi salire sul Queensboro Bridge unico miglio dove non ci può essere tifo ma al termine del quale, ritornati sulla terraferma ,si viene accolti da un muro impressionante di persone che lascia letteralmente senza respiro.
Avere addosso la canottiera tricolore fa scatenare l'entusiasmo della folla, il che significa essere incitati in continuazione da una infinità di persone, cosa che sembra strana ma inevitabilmente inorgoglisce in un momento storico dove la considerazione per gli italiani non è certamente ai massimi livelli.
Il ritorno a Manhattan dopo aver attraversato il “terribile” Bronx sempre immersi in un mare di colori è qualcosa di indimenticabile come lo sarà subito dopo l'ingresso a Central Park che sancisce il coronamento della fatica con l'ultimo tratto in mezzo a due gradinate trionfanti.
Medaglia al collo ,foto di rito e da questo momento per i Newyorkesi diventi un eroe ,uno che ha fatto “l'impresa” chiunque ti riconosca quel pezzo di metallo al collo ti sorride dicendoti “well done!”
Alla fine cosa si prova? E' difficile dirlo,sono cose che ognuno sente dentro e non ha mai le parole giuste per tirarle fuori, come chiedere ad un padre cosa prova quando gli nasce un figlio, o ad un adolescente quando ottiene il primo appuntamento.....sono sensazioni troppo personali che andrebbero vissute e basta.

Stiamo parlando di uno sport che laggiù unisce davvero il mondo intero che per un giorno non conosce guerre,violenze,discriminazioni ma solo la voglia di migliaia di persone di stare assieme e festeggiare sentendosi finalmente tutti uguali :ecco cos'è davvero NewYork.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un giorno potro' raccontare che ero tuo amico....
Complimenti da un trailista .
Fabriz

Anonimo ha detto...

Che dire senza parole.....
forza mitico performer tra poco l'andalusia ti aspetta